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Vacanze al mare - Parte 3


di DioBacco
11.09.2018    |    22.632    |    6 9.7
"Con il busto appoggiato alle mie ginocchia e le sue gambe appena fuori dal letto, la guidai nel farmi il pompino..."
Rimasi scosso e stupito dalla richiesta di Martina. Voleva che la sverginassi. Insomma va bene che era uno splendore in quel momento, una vera bellezza, ma eravamo cugini in fondo. Balbettai qualche obiezione per cercare di convincerla che non era una buona idea che fossi io il primo ragazzo con cui facesse sesso e in più il fatto che fossimo imparentati non migliorava per nulla la situazione. Devo ammettere però che nemmeno io ne ero convinto fino in fondo di ciò; insomma cugina o no mi trovavo davanti una ragazza completamente nuda, che avevo spiato masturbarsi e voleva scopare con me.
Martina incalzò dicendo che ero la persona adatta a "introdurla" al mondo del sesso poiché le volevo bene e le non le avrei fatto alcun male. Il tira e molla andò avanti per un po'. Continuavo a non essere convinto di questa cosa ma mia cugina era ferrea nella sua decisione. Con il senno di poi sarei dovuto uscire da quella camera. Acconsentii alla sua richiesta.
Mi tolsi in fretta i vestiti rimanendo solo con le mutande addosso. Lei rimase nuda, splendida come una statua. Avevamo tutto il tempo possibile per fare ogni cosa. Lei rimase seduta sul letto. I capelli biondi erano sparpagliati sulle sua schiena e sulle spalle. Non tremava più per la paura, quanto per l'eccitazione del momento. Seduti sul letto iniziammo a scambiarci semplici baci sulla bocca; i primi furono rapidi, poi man mano divennero più lunghi e intensi. Teneva gli occhi chiusi mentre mi baciava e li riapriva solo quando ci staccavamo. Era felice. Le accarezzavo le spalle, scendendo pian piano sui fianchi. Mi spostai poi a baciarla sul collo e iniziò ad ansimare. Le piaceva particolarmente questo. Lei invece fu più intraprendente e andò dritta al mio pacco. Lo strinse con forza e non fu per niente piacevole questo. Mi staccai da lei e le dissi di rallentare. Capì il suo errore e mi chiese scusa; era come una bambina che era appena stata sgridata. Addolcì il tono e le dissi che era meglio andare piano. Volevo farla andare per piccoli passi.
Mi stesi sul letto, appoggiandomi tra il muro dietro il letto e i cuscini; la invitai ad appoggiarsi su di me. Il contatto con la sua schiena era piacevole; profumava come una pesca ed aveva la pelle morbidissima. Le spostai i capelli sul petto e le dissi di chiudere gli occhi e di lasciarsi condurre. Obbedì e si fece guidare. Inizia a massaggiarle il piccolo seno; ancora acerbo, da ragazzina ancora in crescita, era però abbastanza sodo per darle piacere. Lentamente e con dolcezza iniziò ad apprezzare il massaggio; le condussi una mano sul suo seno destro e iniziò da sola a giocare con le sue forme. Con la sinistra rimasi sul seno, mentre con la destra andai pian piano scendendo. Prima sulla pancia, poi sul ventre. Sempre con gli occhi chiusi capii il mio prossimo obbiettivo e aprii le gambe per facilitarmi l'accesso.
La leggera peluria sul pube era ancora umida per il ditalino che si stava facendo quando la trovai in precedenza. Fui molto lento e metodico, andando gentilmente verso la sua apertura. Volevo essere delicato e farle apprezzare un tocco leggero. Le massaggiai le labbra e con il medio introdussi leggermente la punta del dito nella sua apertura. Il suo leggero mormorio di piacere divenne a quel punto un gemito. Portai anche l'altra mano alla sua vagina, mentre lei ora con entrambe le mani si stuzzicava il seno, seguendo il suo desiderio.
Apri con due dita le sottili labbra e spinsi in lei il dito medio. Non andai in profondità; non volevo correre rischi con l'imene per il momento. Lo spinsi avanti e indietro aumentando ritmo quando lei gemette; al medio seguirono anche l'indice e l'anulare. Con tre dita nella figa i suoi umori uscivano copiosi da lei che ormai gemeva senza più ritegno. Alla fine il suo corpo si tese e si abbandonò ad un lungo ululato di piacere. Tirai fuori le dita e le portai alla sua bocca. Come in trance la vidi aprire leggermente gli occhi e succhiare i suoi umori dalle mie dite. Martina girò poi la testa verso di me e ci scambiammo un vero bacio. Fu lungo ed intenso, reso ancor più dolce dal gusto rimasto dei suoi umori.
Ci staccammo e la feci spostare da me. Le dissi di mettersi a quattro zampe rivolta verso il muro. Lei capì subito cosa volevo fare. Fece come le dissi; abbassò il capo sui cuscino e appoggiata sui gomiti e sulle ginocchia, sollevo il suo culo verso il bordo del letto. Ne avevo visti di culi, ma questo era la perfezione assoluta. Rotondo, sodo, bianco come il latte e duro come un pezzo di marmo. In mezzo come un perfetto taglio, la sua vagina bagnata e fremente dall'orgasmo appena provato. In quel momento fui felice che lei fosse qui con me.
Mi abbassai su di lei e le accarezzai il sedere. Se alla vista era bellissimo, al tatto era anche meglio. Mi lasciai un po’ andare e presi a giocare con le sue chiappe; gliele massaggiavo, le stringevo e le baciavo. La sentivo fremere ad ogni bagno che le davo; ma il bello per lei doveva ancora arrivare. Avvicinai il viso alle labbra della sua vagina e con la lingua diedi un paio di belle leccate per tutta la lunghezza. Martina trattenne il fiato per quell’improvviso contatto; si irrigidì per un attimo, poi si rilassò e mi si spinse più verso il mio viso. Presi a leccare con più forza e a penetrarla con la lingua. Leccavo, succhiavo e penetravo con la lingua, mentre con le mani giocavo con le sue mele. Il trattamento la faceva impazzire di piacere. Ansimando sempre più forte, non poté resistere e in poco tempo venne con un urlo di gioia, soffocato nel cuscino. Non squirtò ma il l’abbondanza di umori che generò dalla vagina le bagnarono persino le gambe. Ovviamente non potei perdermi quel dolcissimo nettare. Tenni il suo sedere sollevato con le mai e continuai a leccare per un po’, prolungando il suo orgasmo.
Quando la lasciai, cadde di peso sul letto. Era stremata e felice. Mi sdraiai accanto a lei e ci scambiammo un nuovo bacio appassionato. Una sua mano scese nuovamente al mio pacco e iniziò ad accarezzare il mio cazzo attraverso il tessuto delle mutande. Mi disse che ora toccava a lei darsi da fare.
Mi stesi io sul letto e lei si sedette sul fondo, talloni sotto le ginocchia. Coi ruoli invertiti, mi sfilo le mutande e le buttò in un angolo della camera. Rimase a fissare con occhi pieni di desiderio il mio cazzo. Le dissi di prenderlo in mano. Il suo tocco leggero mi mandò una scossa per tutta la schiena. Lo accarezzava e lo stingeva piano. La istruì di prenderlo per la lunghezza e di muovere la mano in su e in giù. Iniziò a farmi una sega lenta e abbastanza impacciata; allentò la presa per timore di farmi male come prima. Non era male ma di sicuro poteva fare un po’ di meglio. Non feci commenti visto che era la sua prima volta e non volevo metterla a disagio. Notai ad un tratto che si mordicchiava il labbro; prima che potessi chiedere si abbassò su di me e tenendo la base del mio uccello se lo infilò in bocca. Sarei venuto nel preciso istante in cui senti il contatto con la sua lingua se non fosse stato per una forte dose di auto controllo. La guardai e la vidi sorridere con il cazzo in bocca. Non doveva andare così in fretta ma a sembrava non importare. Prese a succhiare l’asta e tenendo sempre in bocca iniziò a muovere la testa. Su e giù, su e giù; un movimento lento accompagnato da qualche rumore di risucchio. Le dissi di stendersi e di mettersi più comoda, cosicché potesse lavorare meglio. Con il busto appoggiato alle mie ginocchia e le sue gambe appena fuori dal letto, la guidai nel farmi il pompino. Le dissi di leccarlo, partendo dalle palle fino alla prepuzio. Da lì, prese la cappella in bocca e se la lavorò di lingua. Poi le dissi di infilarselo di nuovo in bocca; questa volta fece con più attenzione. Prima data la posizione faceva fatica a prenderle e le colava della saliva che doveva re-ingoiare, facendo rumori di risucchio. Ora invece ci stava prendendo gusto anche nel farlo. Man mano che andava avanti diventava più veloce e confidente, prendendo sempre più cazzo. Le dissi di non tentare di andare fino in fondo per evitare che si strozzasse.
La feci poi andare a concentrarsi sotto le mie palle; leccò e si infilo le palle in bocca una alla volta. Era una cosa che adoravo quando una ragazza me lo faceva. Dovetti farla fermare perché se andava avanti così sarei venuto.
Martina invece voleva che venissi invece. Mi riprese in bocca e succhio con forza la cappella mentre mi masturbava con una mano e con l’altra mi massaggiava le palle. Le dissi di fermarsi ma fu inutile.
Le venni in bocca. Tre schizzi potenti la riempirono subito. Ero già venuto ieri sera ma lo stesso fece fatica a tenerlo tutto. Si dovette staccare e continuando a segarmi terminai il mio orgasmo venendole sul viso. Fu uno spettacolo vederla con la bocca piena di sperma e con la faccia tutta imbrattata. Si alzò per andare in bagno a sputare mentre rimasi a riprendere fiato.
Ritornò poco dopo e si sdraio al mio fianco, dandomi un lieve bacio sulle labbra. Mi disse che non se la sentiva di ingoiare; per ora. Le risposi che non era obbligata e che ad alcuni il sapore non piace. Mi disse che invece le era piaciuto tantissimo. Si era eccitata terribilmente quando lo aveva visto e il toccarlo le aveva fatto perdere ogni inibizione. Il pompino poi era stato l’apice per lei; non solo ne adorava l’odore, ma anche il sapore e gusto che aveva. Le dissi che ormai stava diventando un po’ una puttanella. Mi diede un altro bacio e mi disse che era la mia puttanella.
Ci coccolammo un po’, abbracciandoci e esplorando i nostri corpi nudi. Non aveva più bisogno di consigli o istruzioni. Ora faceva come voleva lei. In poco tempo, quelle carezze, i dolci baci, la sua pelle morbida e il suo profumo di sesso e sudore mi fecero ritornare duro. La guardai e le chiesi se voleva farlo. Annui.
Mi alzai dal letto e presi un preservativo. Me lo infilai e ritornai da lei. Martina intanto si era distesa sulla schiena aprendo le gambe ed esponendo il suo sesso umido. Mi posizionai su di lei. Prima di entrare le disse che all’inizio avrebbe sentito male e che sarei andato piano. Questa era la sua prima volta e non c’era modo di tornare indietro. Per tutta risposta mi prese con una mano e si infilo la cappella nella vagina. Mi guardò diritto negli occhi e mi disse di sverginarla.
Spinsi piano dentro di lei; ogni centimetro che avanzavo ero più vicino a prendere la sua verginità. Non staccammo mai gli occhi l’uno dall’altro; volevamo entrambi vedere quando saremmo stati uniti. Arrivai un ostacolo; l’imene era l’ultima barriera. Anche lei se ne rese conto. La baciai e poi fu mia.
Fu doloroso per lei. La barriera fu lacerata e io fui completamente dentro di lei. Le mie palle sbatterono contro il suo culo e un po’ di sangue iniziò a fluire. Martina con uno sforzo immane riuscì a trattenere le lacrime e a non staccare gli occhi dai miei. Rimanemmo fermi aspettando entrambi che il dolore svanisse. Continuavamo a baciarci teneramente nell’attesa. Le bastò un semplice cenno del capo poi per farmi iniziare.
Mi mossi lentamente, uscendo un po’ per volta e rientrando sempre a piccole porzioni. Presto il dolore venne sempre meno e il piacere iniziò a crescere. Non dovette più sopportare la lacerazione piuttosto poté finalmente godere. Man mano presi un ritmo più rapido e la scopata iniziò.
Entravo e uscivo partendo dalla punta fino alla base, i coglioni che sbattevano contro il suo culo di marmo. Le tracce di sangue venivano lavate via dai suoi umori che sgorgavano come una fonte. E il suo stoico dolore rimpiazzato da gemiti selvaggi di piacere. La consapevolezza di star scopando mia cugina, la piccola Martina, la ragazzina con cui ero cresciuto ora era sotto di me che riceveva il mio cazzo mi mandava su di giri. Mi attirò a se, mi strinse braccia attorno al collo e mi infilò la lingua in bocca. Saliva e lingue si mischiavano e i nostri gemiti venivano soffocati dalle nostre bocche connesse. Andammo avanti per un dieci minuti, i colpi sempre più forti e i gemiti sempre più rumorosi fino a diventare urla di piacere. Non ci importava chi ci potesse sentire. Ormai eravamo persi nel nostro piacere.
La presi per la schiena e la sollevai di peso. Nonostante la differenza di età eravamo quasi alti uguali. Misi le mani sotto il suo culo e lei si aggrappò a me. La sbattei contro il muro e ricominciai a spingere. Stavo per venire e volevo dirglielo ma l’unica cosa che riuscii a pronunciare fu il suo nome. Lei mi chiamò a sua volta e capii che anche lei era vicina. Continuammo a chiamarci per nome finché mi strinse con forza a se e la sua vagina sbrodolò un mare di umori sulle mie palle, sulle mie gambe e sul pavimento. Raggiunsi l’orgasmo pure io e le piantai il cazzo più a fondo che potei.
Ansimando come animali esausti, rimanemmo immobili in attesa. Lasciai che il mio uccello uscisse da lei e la lasciai mettere in piedi ;le sue gambe quasi le cedettero. Riuscì a prenderla e la tenni stretta a me. Il suo volto era scosso dal piacere e dall’eccitazione. Ci scambiammo un nuovo bacio e crollammo sul letto abbracciati.
Ci addormentammo. Al nostro risveglio eravamo ancora abbracciati. Felice di aver perso la verginità con qualcuno che amava mi chiese di fare una doccia e lavarle il corpo. La doccia fu uno scambio di baci, carezze, abbracci e schiuma. Ci asciugammo, indossammo il costume e ci incamminammo verso la spiaggia di Riccione. Avevamo ancora nove giorni di vacanza prima di ritornare.
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